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Artissima Stories: Ilaria Leoni in conversazione con Salman Matinfar

23 Ottobre 2019 Artissima Stories

Ilaria Leoni (Ermes-Ermes): Con tutte le fiere a cui ho partecipato, mi sorge un pensiero in particolare: cosa significa l’identità per una galleria oggi? Questo è il punto con cui vorrei iniziare, dal momento che a volte dopo una fiera d’arte mi sento persa e ho bisogno di tornare ai motivi che mi hanno spinta ad aprire Ermes, al perché voglio ancora e devo continuare, e a cosa sto cercando come prossimo passo. Inoltre, vorrei parlare di come le fiere possono coesistere con il programma e lo spazio di una galleria, in termini di mercato, promozione e visione della galleria stessa.

Salman Matinfar (Ab-Anbar): Credo che il tuo punto sull’identità di una galleria sia valido, io stesso negli ultimi sei anni ho sempre dovuto confrontarmici. Sono un gallerista iranianocanadese che vive a Londra, gestisce una galleria a Teheran, presenta artisti in tutto il mondo e partecipa a diverse fiere vari paesi. Ma ciò che ha sempre fatto da legante è il modo in cui il mio lavoro riflette veramente chi sono. Il mio stile di vita nomade si rispecchia nel mio modus operandi, dalla scelta degli artisti e dalle strategie di networking e vendita. Da questo punto di vista, direi che le fiere sono destinazioni temporanee perfettamente in sintonia con questo nostro approccio nomade. Detto questo, mi domando anche se sia stato io a crearmi questa identità o sia stato costretto a farlo dalle ultime tendenze della scena artistica globale, nel senso che, semplicemente, per sopravvivere devi muoverti ed essere una presenza attiva alle fiere.Sono felice di questa conversazione; penso che questo tipo di dialogo ci aiuti a comprenderci anche senza conoscerci!

IL: È bello leggere la tua storia. La condizione itinerante ha un significato particolare per me. Ho fondato Ermes quasi cinque anni fa come una galleria nomade; all’epoca, la parola nomade in associazione con una galleria commerciale suscitava principalmente reazioni scettiche. Come puoi rappresentare un artista senza uno spazio permanente, ecc.? Oggi, come hai detto, essere nomadi è un modo per sopravvivere, essere parte di una conversazione internazionale. In realtà, quando ho iniziato la galleria non avevo abbastanza soldi per pagare l’affitto di uno spazio permanente, così ho deciso di costruirla attorno ai miei punti deboli: denaro e spazio. Fin dall’inizio, l’idea dell’identità era al centro dei miei pensieri; ho costruito il programma, gli stand, e ogni elemento di Ermes secondo i miei gusti. Per come la vedo, Ermes è un libro-ritratto di me stessa, fatto di vari capitoli di gusti diversi. Ora, il lavoro consiste nel mantenere quel livello di freschezza. Quando giro per una fiera d’arte, a volte ho la sensazione che sia tutto troppo omogeneo. Sono molto curiosa, come costruisci il tuo programma? E com’è la scena artistica contemporanea a Teheran in termini di artisti, collezionisti e istituzioni? Il mio secondo pensiero è stato come può lo spazio di una galleria sopravvivere se si vende solo alle fiere, dal momento che è diventato abbastanza difficile vendere le mostre in galleria. Tu cosa ne pensi? Come possiamo riportare i collezionisti nelle gallerie?

SM: Un’idea davvero interessante: costruire una galleria attorno ai propri punti deboli! Per me, il punto debole era essermi lasciato l’Iran alle spalle. Dopo aver lasciato il paese a vent’anni, sono emigrato dal Medio Oriente al Canada nel 2011. Presto mi sono reso conto che il tipo di galleria che volevo non aveva ragione d’essere a Toronto. Così ho deciso di considerare nuovamente la possibilità di avere una galleria a Teheran. Ma come sarei riuscito a  farlo non vivendo lì? Alla fine, questo è ciò che ha costituito l’identità della mia galleria. Ho iniziato a rappresentare artisti iraniani della diaspora. Ho usato la mia rete all’estero per esporre arte che era invisibile all’interno dell’Iran. Da questo punto di vista, i miei artisti condividono lo stesso stile di vita nomade, quindi la galleria, nonostante abbia una location permanente, è diventata un contesto che riflette queste relazioni. Per quanto riguarda la scena artistica, Teheran è una città impigliata in molte imposizioni sociali e politiche. In città così, l’arte è un mezzo di espressione potente e gli artisti hanno molte fonti d’ispirazione. Devo dire che il numero di artisti, gallerie private e pubblico è impressionante. Tuttavia, le istituzioni pubbliche sono molto limitate. Non ricevono abbastanza sostegno finanziario o sono casse di risonanza per la propaganda governativa. Pertanto, il ruolo delle gallerie è piuttosto diverso rispetto a molti altri paesi. Dobbiamo fare il lavoro che normalmente è svolto dalle istituzioni e dagli spazi non commerciali. Negli ultimi sei anni, abbiamo presentato alcune mostre non commerciali, solo per creare una dinamica più organica nella scena artistica, perché la cultura del collezionismo e del patrocinio non può essere costruita e praticata in un contesto solamente commerciale.

Patisco anche la mancanza di collezionisti locali e devo quindi integrare le vendite partecipando in continuazione alle fiere —una dinamica estremamente faticosa, costosa e, in molti casi, non gratificante. Questo è un fenomeno estremamente problematico e ha raggiunto un punto tale per cui oggi molti collezionisti preferiscono acquistare le loro opere solo alle fiere. Gli stessi collezionisti potrebbero venire a trovarci in galleria, ma preferiscono comprare in fiera. Di conseguenza, nel momento in cui decidiamo di non partecipare a una fiera, potremmo finire per perdere quel collezionista, poiché la relazione si basa su un legame temporaneo e fragile formatosi in un breve periodo di tempo. Credo che una galleria possa avere successo se ha collezionisti “locali” che sono consapevoli del contributo della galleria alla comunità a cui tutti appartengono e vogliono essere parte collettivamente della costruzione di un qualcosa. Ovviamente, ciò accade solo se la galleria crede in ciò che fa, e nel tipo di arte e artisti che presenta. In tal caso, la combinazione di collezionisti locali e stranieri (alle fiere) può portare a un risultato positivo. Ora, dato che facevi riferimento alle ristrettezze del tuo budget, sei finalmente riuscita a sistemarti e avere uno spazio permanente? In tal caso, sarei interessato a sapere come hai gestito questo cambiamento. O in caso contrario, mi piacerebbe sapere di più della tua storia, dato che sto pensando di espandermi a Londra, ma sto cercando di decidere se con uno stile nomade o uno spazio permanente. Come sai, Londra è piuttosto costosa e credo che la mia situazione sarebbe simile a quella che hai avuto a Vienna!

IL: Salman, è fantastico conoscere la scena di Teheran, e dal tuo tono appassionato tutto mi sembra vivido e familiare. In Italia, il sistema è, a dire il vero, simile in termini di istituzioni: abbiamo pochi musei con una discreta collezione permanente. Apparentemente hanno budget molto piccoli da destinare al sostegno di giovani gallerie e artisti e acquistano principalmente artisti affermati. Invece Vienna è molto più vivace: le istituzioni locali sono molto presenti e attive nel sostenere la scena giovane, o almeno molto curiose di scoprire cosa sta crescendo intorno a loro. La discussione è abbastanza attiva e aperta, ci sono ancora bar e luoghi in cui stare insieme a colleghi e artisti e condividere i propri pensieri. Quest’anno Ermes parteciperà alla cena e al benefit della Secession, insieme a un gruppo di altre giovani gallerie; sarà la prima volta che i “giovani” avranno un paio di tavoli e siamo tutti molto felici di prendere parte a questo evento. Per quanto riguarda i collezionisti penso che tu abbia gli stessi problemi che abbiamo in Europa, dove ci sono molte discussioni incentrate su come riportare i collezionisti in galleria e su come vendere le mostre. Come possiamo sopravvivere senza investire così tanta energia nelle fiere? Si dice che forse dovremmo rifiutarci di partecipare ad alcune fiere, come hanno già fatto Team Gallery o altre gallerie della stessa generazione. Ma questa è un’alternativa praticabile solo se ti trovi a New York, mentre altrove potrebbe essere molto rischioso. Al momento, sento il bisogno di viaggiare il più possibile per promuovere i miei artisti e la nostra visione. Ora ho in programma Colonia, poi Parigi, Napoli, Torino e poi di nuovo Vienna. Sai di cosa parlo!

Quando le persone mi chiedono di Ermes, dico sempre che si tratta di una galleria a conduzione familiare (in cui la famiglia ero solo io, ma ora ho un collaboratore part-time…) e voglio promuoverla personalmente con la mia voce, il mio fiuto, e i miei errori. Penso che tutto dovrebbe rimanere connesso a ciò che siamo. Detto questo, ho trovato la nostra base in un palazzo di fine Ottocento vicino alla Secessione. È una ex stalla nel cortile dell’edificio, un piccolo spazio molto affascinante, senza riscaldamento o Wi-Fi. L’affitto è abbastanza conveniente e la maggior parte degli artisti ne è molto contenta.Probabilmente il prossimo passo sarà trovare qualcosa di più classico con un ufficio, eccetera, ma per ora tengo gli occhi aperti e sto a vedere cosa succede.

SM: Molte persone in Occidente tendono a pensare al mio paese come a un luogo dove le persone continuano ad andare sui cammelli e vivono come barbari. Il mio compito è principalmente quello di spiegare il contrario: no, non andiamo in giro in cammello e non viviamo in tenda! E sì, abbiamo gallerie d’arte a Teheran: in realtà ce ne sono parecchie! Ho visto molti visitatori alle fiere d’arte informarsi sull’Iran, la situazione politica e chiedere se sia sicuro viaggiare; capita anche che restino sorpresi quando scoprono che esistono gallerie nel paese. In risposta, mi piace incoraggiare le persone a venire, e assicurare loro che i media non dicono sempre la verità. Però a volte può essere frustrante. Dopo quattro anni, Artissima la sentiamo quasi come casa nostra. Abbiamo incontrato molte persone e fatto amicizia con molti collezionisti, curatori e professionisti. Ricordo il primo anno nel nostro stand, le uniche domande a cui abbiamo risposto erano sull’Iran e non abbiamo chiuso una sola vendita. Penso che sia molto importante essere persistenti e non arrendersi se il primo anno non è quello che speravi. Artissima mi piace particolarmente perché non è come le altre grandi fiere. Non ci sono solo mega-gallerie, ma esiste una maggiore attenzione alla nuova generazione di artisti e galleristi.

IL: Devo dire che l’anno scorso ad Artissima ho finalmente incontrato il di collezionista ideale di Ermes, che avevo in mente fin da quando ho aperto la galleria. Abbiamo iniziato una conversazione secca ma divertente sul programma e sul nostro approccio, e dopo un paio di mesi alla fine ha acquistato un lavoro. È stato un momento molto speciale per la galleria, perché mi ha dato speranza e fiducia. Torino e Artissima sono sempre un luogo importante per incontrare persone e presentare la mia visione e i miei sogni.

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